giovedì 14 giugno 2018

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Storia della banca

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La storia della banca è lo studio dello sviluppo delle banche e dell'attività bancaria nei secoli, considerando come banche gli enti di varia natura che si sono occupati in modo sistematico del deposito e del trasferimento di denaro, nonché della concessione di prestiti[1].

Antichità e primo Medioevo: banche e templi[modifica | modifica wikitesto]

Antichità[modifica | modifica wikitesto]

Sia presso i Babilonesi che presso i Greci i templi furono importanti prestatori. Da un lato essi prestavano quanto ricevuto in offerta dai fedeli; inoltre, grazie alla loro sacralità ed inviolabilità, all'interno del recinto dei templi venivano collocati anche i "tesori", ovvero gli edifici che custodivano le riserve auree ed argentee degli stati. Il santuario, a sua volta, avendo a disposizione queste grosse quantità di denaro, le prestava su interesse[2].
Tipici esempi di questi santuari-banca furono l' E-babbara di Sippar (dedicato a Šamaš) in ambito mesopotamico, l'Artemisio di Efeso e il Santuario di Delfi nella Grecia classica, il santuario di Apollo a Delo in età ellenistica[2].
Ad un livello più basso vi erano i banchi dei "trapeziti" (Τραπεζίται) in Grecia e degli argentarii a Roma, i quali svolgevano ufficialmente l'attività di cambiavalute, ma in realtà ricevevano denaro in deposito su interesse, e a loro volta lo prestavano ad un interesse più alto[3].
Un caso particolare fu quello dell'Antico Egitto. Questa civiltà conobbe tardi un'economia monetaria. L'economia si fondava invece sui cereali, che venivano conservati nei granai statali. I pagamenti (a partire da quello degli stipendi) avvenivano mediante "girata" di un quantitativo di cereali[2]. Questi cereali venivano ritirati dal granaio-banca solo quando dovevano essere effettivamente consumati.

Templari e prestatori su pegno[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante la Chiesa avesse introdotto il divieto di prestito su interesse, fra le istituzioni che esercitavano il credito nel Medioevo c'erano i monasteri e soprattutto l'Ordine templare. L'attività bancaria dei Templari era nata dal fatto che gli stessi avessero fortezze ben difese sia in Europa occidentale, sia in Terrasanta, dove custodivano le proprie ricchezze. Perciò i pellegrini ed i crociati, sia all'andata che al ritorno, affidavano il proprio denaro ai Templari del luogo di partenza e ne ricevevano l'equivalente a destinazione, evitando i rischi del trasporto per mare[3]. Il Tempio funse da banchiere e tesoriere in particolar modo per i re di Francia.
Accanto a questi grandi finanziatori c'erano i piccoli operatori di professione[2]. Innanzitutto erano attivi gli ebrei, i quali, a causa del divieto fatto ai cattolici di prestare su interesse e del fatto che invece il commerci e il credito fossero fra le poche occupazioni permesse agli Ebrei, si specializzarono nell'attività di prestatori su pegno[3][4].
A partire dalla "Rinascita dell'Anno Mille" nacquero i "comuni" dell'Italia settentrionale, chiamata all'epoca nel suo insieme "Lombardia". E "lombardi" furono chiamati i mercanti e gli usurai che da quell'area si erano diffusi nell'Europa settentrionale[3]. La parola "lombard" indica ancor oggi il prestatore su pegno in alcune lingue dell'Europa settentrionale, mentre Lombard Street è ancora il nome di una delle principali strade della City di Londra.
"Lombardi" ed ebrei furono perciò accomunati nell'antipatia popolare[3].
Un terzo gruppo dedito al prestito ad usura e perciò di cattiva reputazione erano i cosiddetti "caorsini"[5], ricordati anche da Dante[6].

Lo sviluppo delle compagnie bancarie in Europa[modifica | modifica wikitesto]

La nascita delle banche private nel Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

Mappa della massima penetrazione in Europa della Gran Tavola dei Bonsignori e degli altri maggiori banchieri della Repubblica di Siena nel XIII secolo.
Con la fine della Casa di Svevia i comuni italiani si poterono sviluppare pienamente, e con la soppressione dei Templari nel 1318 venne meno un importante concorrente. Alla fine del Duecento la più grande banca europea era la Gran Tavola dei Bonsignori di Siena[3].
La grande banca non nacque, tuttavia, dai banchi di cambiavalute che facevano prestiti, bensì dalle grandi compagnie commerciali che reimpiegavano i loro profitti dandoli in prestito[5]. Non si trattava perciò di banche "pure", come invece era la Gran Tavola[7]. A partire dalla fine del XII secolo si formò un flusso di capitale che, partendo dalle regioni più ricche di moneta, in particolare l'Italia centro-settentrionale, si dirigeva verso altre regioni d'Europa in cui vi era richiesta di denaro. Tra i primi a guidare questo movimento furono gli astigiani che già da anni frequentavano le fiere di Champagne e che diedero inizio a diverse attività di mercatura e prestito in Francia e nelle Fiandre. In seguito particolare importanza ebbero tre compagnie fiorentine, quelle dei Bardi, dei Peruzzi e degli Acciaiuoli, che tuttavia fallirono entro la fine del Trecento. Si trattava di banche ramificate in tutta Europa: la Compagnia de' Bardi, per esempio, aveva filiali a Barcellona, Siviglia, Maiorca, a Parigi, Avignone, Nizza, Marsiglia, a Londra, Bruges, a Costantinopoli, Rodi, Cipro e Gerusalemme[4]. Queste tre compagnie facevano prestiti anche al re di Francia, a quello d'Inghilterra e a quello di Napoli[3]. L'interesse dei fiorentini a finanziare le guerre di conquista dei re d'Inghilterra era collegato al fatto che essi in cambio acquisivano il controllo della lana inglese, necessaria per l'arte della lana di Firenze[7].
Nel Quattrocento la più importante compagnia bancaria fu il Banco dei Medici, ramificato a Roma, Venezia, Milano, Barletta, Napoli, Pisa Nizza, Avignone, Lione, Ginevra, Parigi, Bruges, Londra, Maiorca, Tunisi[8][9][10], e che faceva prestiti ai Papi, ai re di Francia e d'Inghilterra, ai duchi di Borgogna[3]. Anche nel caso dei Medici la ricchezza era stata accumulata in altri ambiti, grazie al monopolio dell'allume e alla fabbricazione dei panni di lana[7]. Concorrenti dei Medici furono altri banchieri fiorentini come i Pazzi e gli Strozzi, ma anche senesi come i Chigi[3].

I "monti" e i "monti di pietà"[modifica | modifica wikitesto]

Negli stessi secoli nacque una nuova istituzione, specializzata nel concedere prestiti al proprio stato. Inizialmente ogni volta che lo stato chiedeva un prestito si formava una sorta di società, detta "monte" o "compera", fra i prestatori. Successivamente le società costituite per i singoli prestiti furono riunite in una sola per ogni stato: sorsero in questo modo il Monte Comune di Firenze (1343)[11][12] e la Casa di San Giorgio di Genova (1408)[3].
Monti del debito pubblico continuarono ad essere costituiti anche nei secoli successivi. Alcuni si trasformarono in banche e proseguirono l'attività anche dopo che non fungevano più da prestatori dello stato, come il Banco di Santo Spirito di Roma (1605)[13] e il Monte dei Paschi di Siena (1624)[14].
Nel Quattrocento i re d'Aragona permisero la costituzione delle Taulas de canvi di Barcellona (1401), Valencia (1407) e Gerona (1445) per raccogliere il denaro da prestare allo stesso re per le sue imprese di guerra e di pace[15].
Nelle taulas de cambi si ravvisano le prime "banche pubbliche"[7], mentre i "monti" di per sé non sono considerati tali[2], sebbene a vari monti fosse annesso, dalla fondazione o in seguito, un banco.
Accanto ai monti che facevano prestito allo stato, nel Quattrocento nacquero anche i monti di pietà. Tali istituzioni erano state ideate dai frati francescani con l'intento di sottrarre le persone bisognose dalla dipendenza dagli usurai. Il primo monte di pietà è considerato quello di Perugia del 1462[3]. Da alcuni monti di pietà hanno tratto origine grandi banche come il Banco di Napoli e l'Istituto Bancario San Paolo di Torino.

I banchieri del Rinascimento[modifica | modifica wikitesto]

Quintino Metsys Il banchiere e sua moglie
Gli imperatori Massimiliano I e Carlo V ricorsero al prestito della famiglia Fugger di Augusta. Anche quella dei Fugger era una tipica compagnia commerciale: la loro attività principale era quella mineraria, con particolare riferimento alle miniere d'argento del Tirolo, dalle quali si estraeva il metallo per la coniazione dei fiorini, dei talleri, dei marchi. I Fugger controllavano anche la produzione europea di piombo, di rame e di mercurio[7]. Dato il loro legame con la casa d'Asburgo avevano sedi a Innsbruck, Vienna, Ofen (odierna Budapest), Breslavia, Anversa, Milano, Madrid e Siviglia, ma anche fuori dei domini asburgici a Salisburgo, Norimberga, Lipsia, Francoforte, Colonia, Danzica, Cracovia, Londra, Roma, Venezia, Lisbona[8][9][10].
Accanto ai Fugger bisogna ricordare almeno un'altra grande dinastia di banchieri di Augusta, quella dei Welser.
A partire dal regno di Filippo II[16] i più grandi prestatori della Corona spagnola divennero i banchieri genovesi, tanto che gli storici spagnoli chiamano il periodo 1528-1627 "siglo de los Genoveses"[17]. Fra le famiglie liguri più attive in ambito bancario ci furono gli Spinola, i Grimaldi, i Giustiniani, i Doria, i Centurione[2].
I Fugger criticavano i banchieri genovesi, dicendo che commerciare coi genovesi era commerciare con la carta (mit Papier), mentre con i Fugger si commerciava in moneta sonante (Baargeld)[7]: non si rendevano conto che l'economia si stava spostando dal metallo ai titoli rappresentativi.

Le "banche pubbliche" di deposito e di giro[modifica | modifica wikitesto]

La sede del Banco di San Giorgio
Alla fine del Cinquecento vennero create le banche pubbliche di deposito e di giro per minimizzare i rischiosi trasferimenti di metalli preziosi: tutti i mercanti di una città depositavano presso il "banco" il loro danaro in monete d'oro e d'argento; i pagamenti fra di loro sarebbero stati effettuati medianti semplici girate sui libri contabili della banca. Questo meccanismo era usato sin dall'Antichità, ma ad opera di banchieri individuali, con un notevole rischio in caso di bancarotta degli stessi. Ora, per la prima volta, il banco di deposito e giro era organizzato a proprie spese dallo stato[4][18]. Come evidenziato da Adam Smith[19], le banche pubbliche tenevano i loro conti in "moneta di banco", che era distinta dalla "moneta corrente", di cui non sentiva le oscillazioni dovute alla svalutazione del titolo di metallo prezioso.
Da questo sistema restavano esclusi i pagamenti internazionali, che evidentemente non potevano avvenire mediante partite di giro sulla banca cittadina. Essi avvenivano infatti mediante lettere di cambio. Anche l'incasso delle lettere di cambio fu assunto in via esclusiva dalle banche pubbliche, che in questa funzione furono dette anche "banchi di cambio"[3].
Alla fine del Cinquecento banche pubbliche di deposito, giro e cambio apparvero in tutta Italia: nel 1586 riprese l'attività bancaria la Casa di San Giorgio di Genova, negli stessi anni furono fondate le Tavole pecuniarie di Messina (1587) e Palermo (1552), ma soprattutto nacquero il Banco della Piazza di Rialto di Venezia (1587) e il Banco di Sant'Ambrogio di Milano (1593); pochi anni più tardi furono fondati i banchi annessi al monte di pietà di Napoli ed al monte di Santo Spirito a Roma[20].
All'inizio del Seicento sul modello italiano furono costituite banche di deposito, giro e cambio anche nelle città portuali del Mare del Nord. La prima fu la la Amsterdamsche Wisselbank di Amsterdam, fondata nel 1609. La Wisselbank era un banco che accettava in deposito tutte le monete ed inoltre ottenne il monopolio dell'incasso delle lettere di cambio (Wisselbank significa proprio "banca di cambio"). Questo istituto divenne la più grande banca del mondo del Settecento[7][18]. Nelle Province Unite furono successivamente aperti i banchi di Middelburg (1615), Delft (1621) e Rotterdam (1635)[2].
Nel 1619 a Venezia fu fondato il Banco del Giro, che nel 1637 assorbì il Banco di Rialto in dissesto e divenne la nuova banca pubblica della città[4][21].
Nello stesso anno fu fondato anche il primo banco di giro in Germania, la Hamburger Bank, i cui conti erano tenuti in "marchi di banco" (Mark Banco), insensibili all'inflazione determinata dal corso dell'argento. Questa "moneta di conto" fu utilizzata dai mercanti di tutta la Germania per tenere la contabilità. Due anni dopo, nel 1621, fu fondato anche il Banco Publico di Norimberga[4][22].
Lo statuto di molte banche pubbliche vietava loro di fare prestiti[7], di fatto, però, anche le banche cui era proibito concedevano prestiti[2].

La nascita delle banche di emissione[modifica | modifica wikitesto]

Chi depositava il proprio denaro su di una banca pubblica riceveva come prova del proprio credito delle note di banco (chiamate con vari nomi, ad esempio biglietti di cartulario dalla Casa di San Giorgio), che erano dei titoli di credito i quali potevano essere trasferiti e circolare[2]. D'altra parte note di deposito al portatore erano già state emesse dai prestatori privati sin dall'Antichità[2].
Una "cedola di credito" del 1663
L'emissione di banconote di taglio fisso da parte delle banche pubbliche in Europa ebbe luogo per la prima volta nella seconda metà del Seicento. Un primo tentativo di breve durata si ebbe nel 1661 da parte dello Stockholm Banco[23]. Questa emissione di banconote era dovuta alla circostanza particolare della disponibilità di monete in Svezia. Infatti l'importazione di rame a basso costo aveva costretto la Corona svedese ad aumentare continuamente le dimensioni delle monete di rame per conservarne il valore in rapporto all'argento. Il peso raggiunto dalle nuove monete aveva, allora, convinto i commercianti a depositarle in banca in cambio di ricevute. Queste divennero vere e proprie banconote quando il governatore del Banco scollegò la quantità di banconote emesse dalle effettive riserve di metallo custodite. Tre anni dopo il Banco fallì in seguito all'artificiale offerta di moneta attraverso la stampa su larga scala di cartamoneta. Nel 1668 fu fondata una nuova banca centrale, la Riksens Ständers Bank, che non emise banconote fino alla metà dell'Ottocento[24].
La prima banca ad emettere banconote in modo costante fu la Bank of England, fondata nel 1694. Essa fu fondata come società fra 1.268 sottoscrittori di un grosso prestito allo Stato, necessario a ricostruire la flotta dopo la sconfitta di Capo San Vincenzo nella Guerra della lega di Augusta. La società si chiamava ufficialmente The Governor and Company of the Bank of England ed aveva un capitale di 1,2 milioni di sterline, sul quale lo Stato versava un interesse dell'otto per cento annuo[25][26]. Nel 1695 l'istituto ottenne anche il privilegio di emettere cartamoneta pagabile a vista al portatore. Le banconote erano inizialmente scritte a mano per un valore corrispondente all'importo depositato o prestato. Gradualmente si passò all'emissione di banconote di valore fisso, e dal 1745 furono stampate banconote standardizzate per valori da £20 a £1.000[27].
In Scozia furono fondate due banche d'emissione: la Bank of Scotland del 1696, sospetta di simpatie giacobite[28], e la Royal Bank of Scotland del 1727.
In Francia la nascita della banca nazionale fu molto più travagliata. Nel 1674 fu fondata su ispirazione del ministro Colbert la Caisse de Prêts, che però fallì nel 1680[18]. Nel 1716 fu la volta della Banque Générale di John Law, che nel 1719 ottenne la protezione reale e ribattezzata Banque Royale: l'anno successivo l'istituto fu travolto da una memorabile bancarotta per aver stampato cartamoneta in eccesso[3]. Nel 1776 fu fondata la Caisse d'escompte, che dichiarò bancarotta quando il Re non poté rimborsare i prestiti[3], nel 1793, in seguito al dissesto finanziario che portò alla Rivoluzione francese[18]. Nel 1800, per volontà di Napoleone, nacque infine la Banque de France in forma di società per azioni.
Intanto, nel 1782 era stato fondato il Banco Nacional de San Carlos di Madrid, in forma di società per azioni[29], progenitore del Banco de España.

La finanza ebraica e protestante[modifica | modifica wikitesto]

Il tramonto dell'impero spagnolo (puntellato da ben cinque bancarotte dello stato fra il 1557 e il 1627[10]) aveva portato alla decadenza della finanza cattolica, sia italiana che augustana, che intorno a tale impero aveva prosperato; e fece emergere nuovi centri finanziari, legati alle nazioni in cui stava avvenendo la Rivoluzione industriale: Germania, Francia, Inghilterra, e più tardi gli Stati Uniti d'America.
Nel Sei-Settecento presso le corti dei piccoli sovrani tedeschi venne spesso affidata ai cosiddetti ebrei di corte l'attività di consulenti finanziari del sovrano, di banchieri dello stato, di gestori della zecca[30]. Un ebreo al servizio di un sovrano tedesco, il langravio Guglielmo I d'Assia-Kassel, era stato all'inizio della sua carriera anche Mayer Amschel Bauer, il fondatore della dinastia Rotschild. Questa fu la più grande casa bancaria dell'Ottocento, con sede a Francoforte e filiali a Londra, Parigi, Vienna e Napoli. Altre grandi famiglie di banchieri tedeschi di origine ebraica furono gli Oppenheim di Colonia[30], i Warburg di Amburgo, i Mendelssohn di Berlino.
Nelle città anseatiche si era sviluppata anche una finanza cristiana (luterana), di cui sono esponenti, ad esempio, i Berenberg.
Nello stesso periodo in Francia ebbero un ruolo di rilievo i banchieri ginevrini, di fede calvinista, alcuni dei quali ebbero anche un ruolo politico, come Jacques Necker e Jean-Frédéric Perregaux. Nell'Ottocento divennero importanti famiglie ebraiche come i Rotschild, i Lazard e gli Stern. Le famiglie di origine ginevrina ed ebraica continuarono ad avere un ruolo significativo nella "haute banque" francese[31].
In Inghilterra bisogna ricordare l'ascesa della famiglia Baring, che fondò la propria banca nel 1762.
Negli Stati Uniti dopo la fine della Guerra di Secessione nacquero le banche private di John Pierpont Morgan, Anthony Joseph Drexel, George Peabody.

La banca moderna[modifica | modifica wikitesto]

Le banche commerciali[modifica | modifica wikitesto]

Intorno alla metà dell'Ottocento, nell'ambito di quella che viene chiamata "seconda rivoluzione industriale", le imprese ebbero bisogno di capitali molto più grossi che in passato, capitali che non avevano a disposizione le vecchie banche private, nemmeno le più importanti e nemmeno se si univano più famiglie. Furono pertanto costituiti veri istituti bancari dotati di grandi capitali, sottoscritti da molti azionisti[2]. Queste banche, infatti, erano costituite in forma di società per azioni, la cui costituzione proprio a partire dalla metà dell'Ottocento non era più sottoposta a particolari autorizzazioni[32].
Ancor maggiore fu l'espansione della cosiddetta "raccolta bancaria". Infatti le banche private, oltre ai capitali dei proprietari potevano aggiungere solo quelli depositati presso di loro da una selezionata clientela, appartenente all'alta società. Invece, i nuovi istituti di credito stabilirono una rete di agenzie diffuse nelle città di provincia, ed in questo modo poterono raccogliere i risparmi del ceto medio[2].
Fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento in ogni paese industrializzato si affermarono poche grandi banche di livello nazionale.
Le big fives inglesi dagli anni Venti erano la Midland Bank, la Barclays Bank, la Lloyds Bank, la Westminster Bank e la National Provincial Bank[2] (fusesi nel 1970 nella National Westminster Bank).
Le big four fra le commercial banks degli Stati Uniti sono considerate Bank of America, Citibank, Wells Fargo e Chase National Bank[33], le quali hanno assorbito negli anni altri istituti.
In Svizzera le maggiori banche erano l'Unione di Banche Svizzere, la Società di Banca Svizzera e il Crédit Suisse[3].
In alcuni paesi si affermò il modello della cosiddetta "banca universale", che oltre all'attività di deposito, sconto e anticipazioni, erogava anche finanziamenti alle imprese a medio e lungo termine, e in alcune nazioni assumeva partecipazioni nelle imprese stesse[34]: in Belgio, Germania, Italia e Austria.
In Belgio c'erano due principali istituti di questo tipo: la Société générale de Belgique e la Banque de Belgique[35].
In Germania c'erano inizialmente sei Grossbanken: Deutsche Bank, Commerzbank, Dresdner Bank, Disconto-Gesellschaft, Nationalbank für Deutschland, Berliner Handelsgesellschaft[36][37], poi ridotte di numero in seguito a fusioni.
In Italia furono dichiarate "banche d'interesse nazionale" la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma[3].
In Austria il modello della banca universale ebbe il suo maggior esempio nel Creditanstalt[35].
In Giappone il legame fra banche e industrie era ancora più stretto: infatti quattro delle grandi banche appartenevano ai maggiori zaibatsu: Mitsubishi Ginkō, Mitsui Ginkō, Sumitomo Ginkō e Yasuda Ginkō (poi ribattezzata Fuji Ginkō). Solo la Dai Ichi Ginkō non era legata a nessun gruppo industriale. Infine c'era la Yokohama Specie Bank (poi Tōkyō Ginkō) che aveva uno speciale statuto come banca per il commercio estero[38].
In Francia dopo il fallimento del Crédit mobilier, nel 1867, che era stata una banca universale[35], si affermò la separazione fra le banques de dépôt e le banques d'affaires. Le più importanti del primo tipo erano il Crédit Industriel et Commercial, la Société Générale, il Crédit Lyonnais e il Comptoir national d'escompte de Paris (che nel 1966 si fonderà con la Banque nationale pour le commerce et l'industrie per dar vita alla Banque nationale de Paris). Del secondo tipo era la Banque de Paris et des Pays Bas[2].

Casse di risparmio e banche popolari[modifica | modifica wikitesto]

Accanto alle banche di credito ordinario nel corso dell'Ottocento nacquero varie tipologie di banche che venivano incontro alle esigenze dei piccoli risparmiatori e dei piccoli imprenditori, trascurati dalle grandi banche[34].
La prima categoria a nascere furono le casse di risparmio (in tedesco Sparkassen; in francese caisses d'épargne; in inglese Mutual saving banks; in spagnolo Cajas de Ahorros), specializzate nei depositi a risparmio. La prima nel mondo è considerata la Hamburger Ersparungkasse del 1775[39][40], in Italia le prime furono le casse di Venezia, Padova e Rovigo nel 1822 e la Cassa di Risparmio di Milano nel 1823[34].
Un'attività analoga di raccolta del risparmio mediante libretti vincolati fu svolta dagli uffici postali, che potevano raggiungere i piccoli risparmiatori sparsi nelle periferie cittadine e nei piccoli paesi. In Italia le casse di risparmio postali furono create per iniziativa di Quintino Sella nel 1875: esse conferivano i risparmi raccolti alla Cassa Depositi e Prestiti[41]. Questa era stata fondata sul modello francese della Caisse des dépôts et consignations (1816), la quale raccoglieva il denaro delle casse di risparmio e successivamente anche dei depositi postali, per finanziare le opere pubbliche.
Anche l'altro tipo di banca destinata ai piccoli risparmiatori nacque in Germania, a metà Ottocento, dove Franz Hermann Schulze-Delitzsch e Friedrich Wilhelm Raiffeisen propugnarono la costituzione di banche in forma di cooperative. Il primo è l'ideatore delle "banche popolari" (in tedesco Volksbanken; in francese Banques Populaires; in inglese Credit Unions), destinate soprattutto ai piccoli imprenditori delle città. In Italia la prima fu la Banca Popolare di Lodi del 1864[42][43]. Qualcuna di esse arrivò a occupare un posto fra le maggiori banche del proprio paese, come la Banca Popolare Svizzera.
Dall'idea di Raiffeisen nacquero invece le "casse rurali" (in tedesco Raiffeisenbanken o Raiffeisenkassen), create per i coltivatori diretti e diffuse nelle aree rurali. In alcune nazioni esse sono diventate colossi bancari, come Crédit mutuel e Crédit Agricole in Francia o Rabobank in Olanda.

La crisi del '29 e le riforme bancarie[modifica | modifica wikitesto]

La crisi del 1929 travolse il sistema bancario, infatti il modello della banca universale aveva fatto sì che il crollo dei titoli di borsa travolgesse anche le banche che avevano forti legami con le industrie.
Per evitare in futuro un simile disastro, in alcune nazioni fu abbandonato il modello della banca universale e fu imposta la distinzione fra banche di deposito, che raccoglievano il risparmio presso la clientela e non potevano detenere partecipazioni nelle imprese, e banche d'affari, specializzate nel credito a medio e lungo termine.
Questa separazione si realizzò con caratteri specifici nelle diverse nazioni. Negli Stati Uniti il Glass-Steagall Act del 1933 impose la divisione fra commercial banks che raccoglievano i depositi, ma li potevano reimpiegare solo in titoli di stato, e Investment banks che potevano operare liberamente su titoli e partecipazioni societarie, ma non potevano raccogliere depositi[44]. La storica banca d'affari JP Morgan scelse di diventare una banca commerciale, mentre si affermarono come merchant banks Morgan Stanley, First Boston, Kuhn Loeb & Co., Dillon Read, Salomon Brothers, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch.
In Italia la "legge bancaria" (R.D.L. nº 375 del 12 marzo 1936 ed altri, convertiti, con modificazioni, in legge 7 marzo 1938, n. 141) trasformò la Banca d'Italia in istituto di credito di diritto pubblico, ovvero di proprietà pubblica, in quanto gli azionisti privati furono espropriati e le loro quote assegnate ad enti pubblici[45]. Con altri decreti dello stesso anno fu imposta la separazione fra "banche di credito ordinario" che raccoglievano presso la clientela e prestavano solo a breve termine (credito per liquidità), e gli "istituti di credito a medio e lungo termine", specializzati nel credito per investimenti. Questi ultimi erano controllati dalle banche di credito ordinario: fra di essi Mediobanca, partecipata dalle banche di interesse nazionale[34], fra gli anni Sessanta e l'inizio degli Ottanta sotto la guida di Enrico Cuccia ebbe un ruolo di "arbitro" dell'economia italiana per alcuni decenni. La legge bancaria italiana impose inoltre (e soprattutto) la separazione fra banche e imprese: le banche non potevano partecipare al capitale delle industrie e viceversa[46].
In Germania, invece, il Kreditwesengesetz del 1934 non abolì il sistema della banca universale, ma introdusse meccanismi di vigilanza e di assicurazione sui conti correnti[47].
La riforma bancaria in Francia fu attuata con le leggi 2 dicembre 1945 e 1º gennaio 1946: in questo paese erano già tradizionalmente separate le banche di deposito e quelle d'affari, la riforma perciò consistette nella nazionalizzazione sia della Banque de France, sia delle quattro maggiori banche di deposito (Lyonnais, SocGen, CNEP, BNCI).
Nel 1946 il governo laburista di Clement Attlee nazionalizzò anche la Banca d'Inghilterra mediante il "Bank of England Act".
In Giappone la legge bancaria fu emanata nel 1948, durante l'occupazione americana, e, a imitazione del Glass-Steagall Act, imponeva alle banche ordinarie di non reinvestire i risparmi dei correntisti se non in titoli di stato[48]. Nel 1952 fu emanata la legge che istituiva le banche di credito a lungo termine: Nippon Kangyō Ginkō, Nippon Kogyō Ginkō e Nippon Chōki Shin'yō Ginkō[49].
In Germania gli istituti di credito a lungo termine furono fondati negli anni della Ricostruzione: nel 1948 il Kreditanstalt für Wiederaufbau, nel 1949 la Industriekreditbank e nel 1952 l' Ausführkredit.

Liberalizzazioni e globalizzazione[modifica | modifica wikitesto]

L'affermazione mondiale della teoria neoliberista negli anni Novanta ha portato a riforme bancarie di segno opposto rispetto a quelle di metà Novecento: esse hanno abolito la separazione fra banche di investimenti e banche ordinarie, e hanno nuovamente permesso l'acquisizione di partecipazioni industriali da parte degli istituti di credito. In questo senso hanno operato il Testo Unico Bancario del 1993 in Italia, e il Gramm-Leach-Bliley Act del 1999 negli USA, che ha abrogato la legislazione Glass-Seagall[50].
Il neoliberismo, abolendo le barriere protezionistiche, ha portato anche alla cosiddetta "globalizzazione", con la conseguenza di spingere le banche a fondersi fra di loro per sostenere la concorrenza in un mercato unico planetario. All'interno di questo processo si è inserita anche l'Unione economica e monetaria dell'Unione europea.
In Italia in seguito a una serie di fusioni sono nati due colossi: Intesa SanPaolo è l'erede di banche storiche come la Banca Commerciale Italiana, la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, il Banco Ambrosiano, l'Istituto Bancario San Paolo di Torino, l'Istituto Mobiliare Italiano e il Banco di Napoli. L'Unicredit è il successore del Credito Italiano, del Banco di Roma, del Banco di Sicilia.
In Spagna il Banco de Bilbao si è fuso con il Banco de Viscaya ed Argentaria, mentre il Banco de Santander ha assorbito il Banco Central e il Banco Hispanoamericano.
In Francia il Crédit Agricole ha preso il controllo del Crédit Lyonnais, mentre il Crédit Mutuel ha preso quello del Crédit Industriel et Commercial. Inoltre, tutte le banche popolari e le casse di risparmio si sono fuse insieme, dando vita al gigante Banque populaire caisse d'èpargne. La Banque Nationale de Paris, da parte sua, si è fusa con la Banque de Paris et des Pays Bas per creare BNP Paribas, e questa ha successivamente acquisito in Italia la Banca Nazionale del Lavoro. Solo la Société Générale non è stata oggetto di grosse fusioni fra i cinque maggiori gruppi bancari francesi.
In Svizzera la UBS ha assorbito la SBS, mentre il Crédit Suisse ha assorbito la Banque Populaire Suisse.
In Germania la Dresdner Bank è stata assorbita dalla Commerzbank, riducendo a due le Grossbanken tedesche: Deutsche e Commerz.
La banca delle poste olandesi è diventata il colosso ING Groep, che ha successivamente acquisito le banche d'affari Barings e Lambert.
Nel Regno Unito si parla ormai di big four con riferimento a Hong Kong and Shanghai Banking Corporation (che ha assorbito la Midland), Barcklays, Royal Bank of Scotland (che controlla NatWest) e Lloyds Bank[51][52].
Negli Stati Uniti JPMorgan si è fusa con la Chase, dando vita alla JP Morgan Chase.
In Giappone Mitsubishi e Tokyo sono confluite nella Mitsubishi UFJ Financial Group; mentre Sumitomo e Mitsui hanno dato vita alla Sumitomo Mitsui Banking Corporation. Il Mizuho Financial Group, infine, è il successore di istituti storici come la Fuji, la Dai-Ichi, la Nippon Kangyō Ginkō e la Nippon Kogyō Ginkō.
Alla fine di questo processo di fusioni e acquisizioni si è formato un gruppo di trenta maggiori banche mondiali, considerate "sistemiche" dal Financial Stability Board.
Le fusioni non hanno risparmiato le banche di emissione. La globalizzazione e la necessità di competere su mercati sempre più allargati hanno indotto molte nazioni dell'Unione europea ad unire le proprie valute e conseguentemente i propri istituti di emissione, dando vita alla Banca Centrale Europea.

La crisi del 2008[modifica | modifica wikitesto]

Come la crisi del '29, anche la crisi del 2008 ha gravemente colpito il sistema bancario: Lehman Brothers è fallita, mentre altre banche sono state "salvate".
In alcuni casi il bail-out è stato effettuato da banche più solide, in particolare Merrill Lynch si è accorpata con la Bank of America, mentre Morgan Stanley è stata salvata da un investimento del Mitsubishi UFJ Financial Group[53].
Analogamente in Gran Bretagna la Bank of Scotland è diventata una controllata della Lloyd Bank, grazie ad una sospensione della normativa britannica sulla concorrenza[54].
In altri casi è dovuto intervenire lo stato. Un'agenzia federale ha dovuto rilevare i due istituti specializzati in ipoteche Fannie Mae e Freddie Mac.[55][56][57]. Goldman Sachs è stata salvata congiuntamente da Berkshire Hathaway[58] e dal Tesoro degli Stati Uniti[59].
Analogamente un'agenzia del governo britannico ha effettuato investimenti nella Royal Bank of Scotland, in cambio del quale ha ricevuto l'84% delle azioni. La Banca Nazionale Svizzera ha salvato la UBS[60] ed il governo olandese ha fatto un prestito per salvare ING[61].
In ogni caso, Goldman Sachs e Morgan Stanley, le ultime due investment banks statunitensi rimaste autonome, hanno annunciato che sarebbero diventate banche ordinarie sotto la vigilanza della Federal Reserve, annullando così, dopo 75 anni, la distinzione fra merchant banks e retail banks[62].

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